Tamponi in farmacia: il risvolto emotivo degli “addetti ai lavori”
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A cura di
Dr.ssa Barbara Sala
Il punto di vista dei farmacisti sulla somministrazione dei tamponi in farmacia e sulla delicata gestione dei pazienti.
Il farmacista come punto di riferimento
Un anno e mezzo pieno di fatiche, impegni, obiettivi, aspettative. Un anno e mezzo di supporto alla comunità, gestione di ansie e paure dei pazienti (mentre a tratti si soffocavano le proprie, per senso del dovere). Un anno e mezzo di montagne russe emotive, fra malati vicini o lontani, ancorati alle uniche certezze che si avevano: fiducia nella scienza e nella medicina; etica del lavoro; rispetto e valore della propria professionalità; consapevolezza, infine, che in alcuni casi si era letteralmente l’unico punto di riferimento per l’ultimo cittadino dimenticato.
Responsabilità e professionalità
A tratti forse non vi siete sentiti rappresentati e difesi dalla vostra categoria. A tratti la sensazione di avere tutto sulle proprie spalle è stata quasi una soffocante certezza. Derivanti dalla vostra stessa etica, morale e dal sistema stesso, giungono infinite richieste di rimanere super partes, professionali, performanti, macchine perfette ed esecutrici di servizi che devono essere erogati alla popolazione e ai pazienti.
La consapevolezza del proprio ruolo
Non vi è mai assolutismo a questo mondo: per un cliente maleducato, ingrato, prepotente, ve ne sono molti altri gentili, educati, grati di avervi come riferimento di salute. Sicuramente vi sono persone a cui, nel vostro piccolo, avete cambiato la vita. Rimanete ancorati a questo: rimanete ancorati alla consapevolezza di tutto il buono che può derivare dalla vostra professionalità.
In questo momento storico è difficile vedere lati positivi. Non si parla d’altro che di ciò che non va ed è sicuramente più facile farsi condizionare dal veleno che quotidianamente ci viene gettato addosso, piuttosto che dal bello, così silenzioso e umile nella sua natura. Si continua a sottolineare il fatto che poco meno del 20% della popolazione non si è vaccinata, mentre non vediamo la grandezza di un 80% consapevole, coraggioso, pieno di senso civico.
Tamponi in farmacia e gestione del cliente
Emotivamente parlando, l’intera questione dei tamponi in farmacia viene probabilmente percepita come l’ennesimo sforzo richiestovi, senza contare che vi porta ad interagire con soggetti e situazioni mediamente “difficili” (benché non sia sempre così!). Tale sensazione può portare a sentimenti contrastanti, spesso negativi. In questi casi, è importante razionalizzare e relativizzare:
- nessuno ha letteralmente obbligato nessun altro. È questione di scelte e ogni scelta ha sempre in sé pro e contro;
- vi è una certa redditività in tale servizio, che in un momento storico come l’attuale può essere difficile ignorare. Se si decide di perseguirla, bisogna farlo con intelligenza, senza inficiare il servizio a banco in farmacia, che DEVE rimanere inalterato. Quella è la vostra anima;
- il paziente fruitore di tale servizio è in media fortemente opportunistico. Non è garantito che nel medio-lungo termine possa divenire un cliente della farmacia. Di fatto tale servizio NON è strategico;
- effettuare tamponi può portare facilmente a interagire con persone che sono agli estremi opposti rispetto al vostro modo di vivere, vedere le cose, pensare. Dovete esserne consapevoli;
- è sempre un servizio alla comunità. Anche in questo caso, state facendo la differenza. Anche in questo caso, state aiutando. Anche in questo caso, contribuite alla salute delle persone, direttamente e indirettamente.
Una questione di equilibrio
Se vi capita di vivere sentimenti contrastanti, di rabbia o tensione verso la persona che avete dinanzi, è normale: siete umani!
Può essere difficile a volte scindere tra la figura personale e quella professionale, anche perché il Covid ha toccato ciascuno di noi. Quando avete dinanzi un cittadino, che magari si mostra arrogante e manifesta a gran voce che lui/lei non si vaccinerà mai perché “un complotto mondiale sta macchinando come controllarci o ucciderci tutti…” è difficile non pensare che anche voi, prima che farmacisti, siete cittadini che hanno deciso invece di vaccinarsi come atto di Amore, proprio e altrui.
L’unico consiglio valido in questi momenti è: riportate l’attenzione dall’esterno all’interno. Concentratevi su voi stessi. Siate consapevoli, fieri della vostra professionalità e della vostra umanità. Fissatevi letteralmente sulle vostre consapevolezze, siate sereni e risoluti nel gestire tali persone.
Siate consapevoli che la persona dinanzi a voi rappresenta comunque una minoranza; pensate che fondamentalmente, si tratta di persone fragili e piene di paure.
Affrontare le paure
La paura è davvero un’emozione affascinante: così viscerale, istintiva e irrazionale, non conosce età, genere, estrazione sociale o livello culturale. In quanto fortemente irrazionale, le leve per vincerla possono essere molteplici e dipendere davvero da una infinità di fattori. Peraltro la paura è un'emozione, che nella sua origine più pura e destrutturata, ha una utilità enorme: è ciò che ci ha portato a sopravvivere fino ad oggi. Il problema è quando la paura diviene disfunzionale; ecco che allora irrazionalità, ansia o vere e proprie fobie possono presentarsi, rendendo il quadro ben più complesso.
Non siete psicologi, siete farmacisti: non siete tenuti a comprendere il cliente nelle sue turbe personali o a denudare e risolvere le dinamiche psicologiche retrostanti. Tuttavia, è invece insito nel vostro ruolo fare cultura, guarire, parlare di salute.
E allora, se lo desiderate:
- identificate i valori condivisi. Tutti amiamo, tutti abbiamo paura, tutti vogliamo proteggere le persone a cui vogliamo bene, la famiglia, i figli. Con alcuni soggetti può funzionare l’aggancio emotivo e l’instillare il senso del dovere e sacrificio, se non per sé stessi, per gli altri loro vicini;
- guidate con i fatti. Sul fronte opposto, la forza dei grandi numeri e la sicurezza derivante da oggettività può rappresentare la spinta finale in un soggetto razionale ma incerto. Pensate che molto spesso chi non vuole vaccinarsi è vittima di poca cultura e/o disinformazione;
- provate a capire. Chiacchiere e domande aperte, possono contribuire a creare una forma di empatia, a far sì che il paziente si apra e che magari vi manifesti “banali” paure condivisibili e/o gestibili. Del resto anche fra i vaccinati convinti, c’è da immaginare che quasi nessuno sia andato a “cuor leggero”;
- parlate della patologia da Covid-19, non dei vaccini. Diversi studi hanno dimostrato come in generale risulti molto più efficace in termini di convincimento a vaccinarsi, illustrare e argomentare sintomi, complicanze e conseguenze derivanti dalla patologia specifica, piuttosto che illustrare le assenze di rischi gravi derivanti dalla vaccinazione stessa. È un discorso di target: invece di concentrare l’attenzione sulle possibili o meno reazioni avverse del vaccino, concentriamoci sui rischi derivanti dalla malattia;
- ricordate che in ogni caso, non è facile comunicare con certi pazienti: arrivano con una “storia antica” costruita in testa, strutturata giorno dopo giorno per mesi. In psicologia si parla di bias cognitivi, che agiscono come dei vincoli che spesso portano a rifiutare informazioni corrette e anzi a chiudersi preventivamente ancor più nella propria posizione di partenza, per non vedere distrutto il modello mentale che tanto ha senso e veicola sicurezza;
- infine ricordate che, secondo dati aggiornati, i no-vax propriamente detti sono circa il 5% della popolazione.
Cosa è importante tenere a mente
Rispetto alla gestione dell’intera emergenza Covid-19 in farmacia, sono due gli aspetti fondamentali da considerare:
- è necessario che il cliente capisca che la gestione dell’ansia e delle sue incertezze è un servizio che la farmacia eroga spontaneamente. Il supporto emotivo e (a tratti) psicologico che un farmacista a banco si ritrova istintivamente a dare, ha un valore intrinseco enorme, benché non misurabile;
- è altresì doveroso sottolineare che il farmacista, nel trattamento dell’incertezza e dell’ansia per il Covid-19, può arrivare solo fino a un certo punto, oltrepassato il quale è necessario rimandare il paziente a rivolgersi ad altri professionisti; ovviamente questi confini sono legati all’area/al tema di cui si tratta.
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